Il codice rosa, una vittoria contro gli abusi
Parla la dottoressa dell’Asl di Grosseto che ha ideato il protocollo diventato un modello in Italia
Le scuse le sono uscite di bocca tante volte in 17 anni. Tutte le volte che si è presentata in radiologia, con una frattura diversa. L’ultima volta non ce l’ha fatta a mentire. Non ha potuto raccontare una bugia a quel medico del pronto soccorso che, dopo averla ascoltata, si è seduto e le ha domandato: «Che cosa è successo?». La domanda che aspettava da sempre. Allora è stato semplice dare la risposta che aveva in serbo da sempre: «Il mio ricco marito italiano mi ha massacrate di botte perché ho cambiato le tendine senza chiedergli il permesso. Ma il pretesto avrebbe potuto essere anche un altro».
E’ bastato per farlo arrestare e condannare. Uno dei successi dei “Codice rosa”, la task force a tutela delle vittime di violenza che l’anno scorso in Toscana ha trattato 1455 casi di abusi su adulti e minori. L’idea è di Vittoria Doretti, senese, cardiologo anestesista dell’Asl di Grosseto, diventata in tre anni il punto di riferimento in tutta Italia per i risultati ottenuti. Le vittime, infatti – donne, bambini, disabili, anziani e omosessuali – vengono accolte e seguiti in luoghi protetti, senza subire pressioni. Nella massima libertà possono decidere se raccontare o meno la propria storia. Comunque, saranno curate, protette e accudite, avendo a disposizione medici, infermieri, psicologi, forze dell’ordine, volontarie ed esperte dei centri anti-violenza per la prima volta in una rete che segue le stesse procedure. La persona che batte la burocrazia: «La risposta dello Stato agli abusi. Più impegno e meno sdegno», dice Vittoria Doretti, che da ragazzina ha studiato danza classica all’Opera di Roma, ma oggi guida con piglio la task force interistituzionale contro la violenza. E’ così che solo nel primo anno di attività, a Grosseto il Codice rosa – rosa come il fiore, non come il colore – passa da 0 a 300 casi di violenze, per Io più contro le donne. E la Regione scopre il servizio destinato a essere esteso a tutta la Toscana entro il 2014.
Mi ha picchiato la sorellina… La ragazzina arriva alla sede della guardia medica accompagnata dalla madre. E’ appena maggiorenne, appare impacciata. Il medico le domanda come si sia fatta male. La risposta è insolita- «La mia sorellina mi ha colpita con il ginocchio». Lui ascolta e non commenta: «Se vuoi scrivo questo. Ma se mi vuoi riparlare, torna quando vuoi». Due mesi dopo, la ragazzina torna, accompagnata dalla preside della scuola. E ci parla di una brutta storia di maltrattamenti familiari. «E’ così – spiega Vittoria Doretti – che lavoriamo. Ascoltiamo le vittime; senza forzarle. Abbiamo imparato dalle donne dei centri anti-violenza a rispettare i tempi dei silenzi. Con chi subisce abusi è necessario fermare il tempo, non avere fretta. Ma spesso è anche necessario domandare: molte vittime aspettano che qualcuno chieda che da dove vengano i loro lividi».
Un atto di ribellione. Un atto di ribellione. Nasce così il Codice rosa. «All’ennesimo convegno al quale ero stata invitata – racconta Vittoria Doretti – mi accorgo che i conti sulle violenze non tornavano. La Procura aveva casi di stupri che dal pronto soccorso non erano passati; i centri anti-violenza avevano quasi 300 casi che alle forze dell’ordine non erano arrivati; noi avevamo altre segnalazioni che agli altri erano sconosciute. Allora mi è venuto in mente che dovevamo rivedere le singole procedure, fonderle e lavorare come un’unica squadra il punto di partenza è stato che nessuno di noi avrebbe dovuto più dire: “questo caso non è di mia competenza”. E così è stato».
Dal 2009 inizia un percorso di formazione e la creazione di una task force: «Come la vittima viene individuata, è indirizzata alla stanza protetta del pronto soccorso, dove sono i medici e gli specialisti ad andare dalla persona e non viceversa. Qui non c’è fretta. Le vittime di stupro possono fermarsi anche ore, se vogliono. Ogni medico viene aggiornato dai colleghi, in modo da non dover porre alla vittima le stesse domande e da non costringere la persona a rivivere l’abuso più volte. Siamo tutti formati in modo da poter raccogliere le prove in modo corretto e le forze dell’ordine entrano in borghese. Ma la stanza è dotata di un computer per poter formalizzare le denunce».
Abusi e bolle di sapone. La stanza accoglie anche i bambini vittimi di abusi. La piccola è bellissima. E’ fragile, si può rompere ad ogni momento. Ma deve essere aiutata. Vittoria Doretti si consulta con gli altri. E ha un’idea. Riempie la stanza di pesciolini e di bolle di sapone. Allora la bimba sorride. Non nota la mamma sotto choc e la tristezza negli occhi dei grandi. Si fa togliere i vestiti, si fa scattare le foto che porteranno in carcere suo padre. Italiano. Come la maggior parte di quelli che, in Toscana, picchiano mogli, madri, figlie e sorelle.
di Iaria Bonuccelli
Quasi 1500 casi in un anno
Il record in Maremma
Ridona in schiavitù dal marito, a poco più di venu” anni. Picchiata e punita per una colpa grave: non aver mai imparato a cucinare. Picchiato nella cucina dove lavorava come stagionale: per il pronto soccorso aveva «sbattuto contro Io sportello di una credenza e mi sono cadute addosso le pentole che erano in alto». I colleghi non gradivano un omosessuale in cucina. In base ai dati dei Codice rosa, il primato di violenze e abusi anche nel 2012 in Toscana, spetta all’AsI di Grosseto, che registra casi drammatici come quello del figlio di mezza età che ha violentato ripetutamente la madre malata di Alzheimer, fino a quando una giovane badante rumena ha trovato il coraggio di denunciarlo. L’uomo è stato arrestato e anche condannato ma i 1.455 casi rilevati dal Codice rosa in 5 Asl della Toscana – ammette la Regione – sono «in tutta la loro drammaticità solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che percepiamo molto grande, ma di cui ignoriamo le reali dimensioni». E che riguardano sempre più da vicino anche i bambini. Anche in questo caso, il dato di Grosseto è significativo: nel 2010, anno di attivazione del servizio, i casi pediairici rilevati sono stati 26; l’anno successivi sono diventati 56 e già nel 2012 sono diventati 66 (più 83.3% dall’attivazione del Codice rosa). In generale, comunque, Grosseto registra il maggior numero dei casi registrati dal Codice rosa: 466, contro i 388 di Prato, i 250 di Lucca, i 241 di Arezzo e i 160 deli’AsI di Viareggio. «In realtà – spiega Victoria Dorini – nel 2012 i casi seguiti dal Codice rosa a Grosseto subiscono una leggera flessione rispetto all’anno precedente, quando gli accessi sono oltre 500 con un aumento del 63% sul 2010. Il fenomeno ha una spiegazione: sono quintuplicate le consulenze telefoniche dei i nostri professionisti a forze dell’ordine, medici di base, medici del pronto soccorso. Il servizio segue direttamente i casi più gravi perché molte situazioni vengono intercettate sul territorio dove abbiamo moltissimi professionisti formati». Addirittura – conclude Vittoria Dorini – c’è una lista d’attesa – per la formazione di persone (compreso personale amministrativo) che vuole entrare a far parte della task force, come “sentinella” sul territorio.
«Il sistema funziona». La Regione lo estende a Pisa, Livorno, Empoli, Meyer e Careggi
Nel 2012 negli ospedali delle Asl di Grosseto, Lucca, Prato, Arezzo e Viareggio sono stati accolte ben 1455 donne vittime di maltrattamenti: mediamente 4 ogni giorno. «Un dato impressionante – commenta il presidente della Regione Enrico Rossi (nella foto) – soprattutto se si tiene conto del fatto che prende in considerazione neanche la metà del territorio toscano In cui risulta attivo II codice rosa: ringrazio l’ex-assessore regionale al diritto alla Salute Daniela Scaramuccia per aver fortemente voluto l’attivazione dello speciale canale di soccorso e aiuto alle vittime di violenza, che entro il 2014 Intendiamo estendere a tutta la Toscana», ieri la giunta regionale ha approvato la delibera con la quale il codice rosa viene esteso alle Asl di Pisa, Livorno ed Empoli e agli ospedale Meyer e Careggi: «L’Ingresso delle nuove aziende – ha spiegato l’assessore regionale al diritto alla salute Luigi Marroni – intende sottolineare il rafforzamento dell’intero progetto, fondato su un gioco di squadra fra medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, forze dell’ordine e magistratura, sull’intero territorio regionale»
di g.f.