Lo stalking, anche detto “sindrome del molestatore assillante”, è un insieme di condotte vessatorie indesiderate, ripetute e protratte nel tempo, nei confronti di un’altra persona, inducendo in essa uno stato duraturo di ansia e/o paura che la costringe a modificare le proprie abitudini di vita.
Lo stalking può comprendere:
- Telefonate, e-mail, messaggi
- Osservare, spiare, seguire la vittima
- Incursioni sul posto di lavoro, “visite a sorpresa”
- Invio di regali, oggetti, fiori
- Diffamare o oltraggiare la vittima
- Danneggiare le proprietà della vittima
- Minacciare direttamente la vittima e/o le persone ad essa vicine
- Compiere aggressioni nei confronti della vittima
Origine del termine e diffusione del fenomeno
Il fenomeno dello stalking, per quanto radicato nella storia dei rapporti umani, è stato formalmente riconosciuto e definito solo a partire dagli anni ’60, quando alcuni studiosi iniziarono a usare il termine star-stalking per indicare l’assedio continuo a cui venivano sottoposte le persone famose da parte dei loro ammiratori.
Con l’avvento dei nuovi media, la dinamica è cambiata profondamente: oggi chiunque può accedere alla vita degli altri in modo costante, senza limiti spaziali o temporali. Questo ha alimentato l’illusione di una vicinanza, di una falsa intimità, rendendo più facile esercitare forme di controllo e interferenza.
Circa il 16,1% delle donne ha subito almeno una forma di stalking. Il 15,3% delle donne ha subito più volte almeno una forma di stalking da un ex partner (Fonte Istat).
Profilo dello stalker
Tracciare un identikit unico dello stalker è praticamente impossibile, vista la varietà di modalità con cui si manifesta questo comportamento.
Una delle più recenti classificazioni considera le finalità perseguite dall’autore:
- Il “risentito”: solitamente l’ex partener che desidera vendicarsi per la fine della relazione agendo sulla base del danno che crede di aver subito
- Il “bisognoso di affetto”: spinto dal bisogno di instaurare una relazione affettiva con la vittima, nell’errata convinzione di essere amati
- Il “corteggiatore impacciato”: incapace di rapportarsi in maniera appropriata, finisce con l’attuare comportamenti socialmente inaccettabili per corteggiare
- Il “predatore”: mosso dal desiderio di avere un contatto con la vittima in proporzione alla reazione di paura di quest’ultima
- Il “rifiutato”: si oppone alla fine di una relazione mettendo in atto condotte finalizzate alla riconciliazione
Un modello più articolato prende in considerazione tre aspetti fondamentali: la motivazione dello stalker, il tipo di legame con la vittima e, se presente, l’eventuale diagnosi psichiatrica.
È importante precisare che non sempre lo stalker presenta un disturbo mentale: la patologia, quando c’è, può contribuire ma non è una conditio sine qua non per spiegare questo tipo di comportamento.
Un contributo interessante proviene dal collegamento tra comportamenti di stalking e stili di attaccamento insicuro, sulla base delle teorie di Bowlby, in particolare quello ambivalente-ansioso. Le persone con questo tipo di attaccamento tendono a sviluppare relazioni caratterizzate da forte ansia, gelosia e paura dell’abbandono. Di fronte a una separazione, possono arrivare a mettere in atto comportamenti invadenti, ossessivi e, talvolta, aggressivi.
Le dinamiche dello stalking ricordano molto da vicino quelle dell’ansia da separazione e la mancata capacità di gestione del rifiuto, reale o immaginario che sia: questo può spingere a comportamenti volti a ripristinare la vicinanza con l’altro, anche quando questa vicinanza non è più desiderata o non lo è mai stata, persino in assenza di segnali che incoraggino questo comportamento.
Il pensiero ossessivo diventa centrale: la mente è costantemente occupata dalla figura dell’altro, le azioni si fanno ripetitive, intrusive, e spesso si protraggono per mesi o anni.
La vittima
Una situazione reiterata di controllo e persecuzione può portare la persona che li subisce a manifestare nel tempo sensazioni ed emozioni intense. La dimensione privata viene violata, si arriva a modificare le proprie abitudini quotidiane per paura e timore, e si possono sviluppare determinati sintomi variabili:
- PTSD, somatizzazione, avversione sessuale, vaginismo, trauma di tipo II
- Ansia, paura, rabbia, senso di colpa, vergogna
- Disturbi del sonno, depressione, nausea, disturbi dell’appetito
È importante sottolineare che non sempre chi subisce stalking sviluppa un disturbo psichiatrico.
Aspetti legali: quando stalking diventa reato
In Italia, lo stalking è riconosciuto come reato dalla legge.
L’articolo 612-bis del Codice Penale punisce chi, attraverso comportamenti reiterati, minaccia o molesta un’altra persona al punto da causarle un grave e duraturo stato d’ansia, da indurla a temere per la propria incolumità (o quella di persone care), oppure da costringerla a cambiare le proprie abitudini di vita.
In conclusione, Lo stalking è un fenomeno complesso che coinvolge dinamiche psicologiche profonde, relazioni disfunzionali e vulnerabilità individuali. Riconoscerne i segnali, comprendere i meccanismi che lo alimentano e sapere come agire – sia sul piano personale che legale – è fondamentale per proteggere sé stessi e gli altri.