Liberetutte: “denunciate i casi di violenza in famiglia”

Liberetutte: “denunciate i casi di violenza in famiglia”

 

LA FORZA di reagire alla violenza e di uscire da uno stato di prigionia in cui il carceriere è la paura di subire ritorsioni e vendette. E’ una forza che ancora oggi, nel 2012, molte donne, anche con figli minori, devono disperatamente cercare in se stesse ovunque nel mondo. A Montecatini, è operativo il centro antiviolenza Liberetutte, uno dei servizi offerti dall’associazione

“365 giorni al femminile”. Il centro è parte di un progetto di intervento integrato territoriale di contrasto ai fenomeni di violenza alle donne e ai loro figli in Valdinievole che è partito nel 2009. E’ una rete in unione con la Sds Valdinievole, la collaborazione con le forze dell’ordine è costante. Dal 2004 al 2011 (dati al 31 dicembre dell’anno scorso) il centro ha “accolto”, nel senso di ascoltato, 399 donne e ospitato nelle case rifugio 71 donne con 92 figli minori. Sempre dal 2004 al 2011, secondo i dati registrati dal centro, i minori che sono stati vittime di violenza assistita sono in totale 354 (solo nel 2011 31 minorenni maschi e 19 minorenni femmine per un totale di 50).

Cos’è la violenza assistita?

E’ una forma di violenza intrafamiliare: quando il minore vive in una famiglia in cui un altro familiare è maltrattato “assiste” alla violenza. Nella violenza assistita non rientra solo vedere il momento della violenza, ma anche il percepirlo indirettamente: la mamma che presenta lividi, urla che provengono da un’altra stanza, vedere un mobile o una porta distrutta sono tutti segnali che il minore percepisce, con potenziali ripercussioni personali notevoli a livello psicologico. Al centro viene fatta una valutazione tecnica oggettiva del rischio che può essere basso, medio o alto e si fornisce assistenza psicologica e consulenza legale. Fatta la valutazione del rischio, si propone un percorso alla donna, che è libera di scegliere se seguirlo o meno. Il numero del centro è 340-6850751. L’avvocato penalista Chiara Mazzeo, legale del centro, ripercorre i tratti tipici delle vicende di violenza che possono prendere forma nei reati di maltrattamenti in famiglia.

Avvocato ci sono comportamenti ripici del maltrattante?

«E’ importante analizzare in modo tecnico e oggettivo i comportamenti per non rischiare di cadere in generalizzazioni. E’ anche vero che spesso il soggetto che fa violenza, che può essere fisica, psicologica, sessuale, pone in essere comportamenti che si rintracciano in modo abbastanza tipico nella casistica. E’ frequente che il soggetto maltrattante punti a isolare la vittima, portando la donna ad allontanarsi dai familiari, dagli amici, e spingendola spesso a lasciare il lavoro, per privarla dell’autosufficienza economica. Un altro comportamento che purtroppo ricorre è quello di picchiare la donna senza lasciare tracce visibili, percuotendola sulla testa, in modo che i capelli nascondano i segni. In genere, la vittima subisce denigrazioni e svalutazioni che minano l’autostima. Raramente un soggetto maltrattante ammette di esserlo e spesso è recidivo».

Cosa deve fare chi subisce violenza?

«Il mio consiglio è quello di denunciare. Il momento della denuncia è cruciale: è importante che il soggetto che la raccoglie sia adeguatamente formato al compito per fare un’esatta valutazione del rischio. Oggi le forze dell’ordine, in particolare i carabinieri, seguono corsi di formazione e hanno una preparazione specifica in questo senso. Importante anche il ruolo dei centri antiyiolenza come Liberetutte, dove viene fetta la valutazione oggettiva del rischio che la donna corre e viene fornita assistenza psicologica e consulenza legale».

 

di Valentina Spisa

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