L’altra metà dell’inferno

L’altra metà dell’inferno

L’altra metà dell’inferno

25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Uno dei reati più diffusi, nascosti, trasversali, che ogni anno conta milioni di vittime in tutto il mondo

Giovedì 25 novembre 2004 è dedicato a Margaret Hassan, 59 anni, direttore di un’associazione umanitaria a Baghdad, rapita il 19 ottobre, filmata e uccisa dai terroristi alcuni giorni fa. Margaret l’irlandese, nata Fitzsimmons, che a 17 anni si era innamorata di uno studente iracheno, l’aveva sposato, seguito nel Paese dove vivevano da vent’anni, aveva imparato l’arabo e si era convertita all’Islam. Margaret senza-figli, ma sempre circondata da bambini, di solito sdruciti e malandati, come quelli per i quali aveva appena realizzato un’unità di riabilitazione per le lesioni spinali. Perfino Abu Musab al-Zarqawi, lo specialista delle decapitazioni in diretta, aveva espresso l’opinione che dovessero mandarla a casa e lasciarla lavorare.

Giovedì 25 novembre 2004 è dedicato a Giusy Potenza, quindicenne uccisa, forse dal “branco”, a colpi di pietra nelle campagne di Manfredonia. Ma anche alle centinaia di migliaia di donne che si rivolgono ai centri antiviolenza italiani (una novantina) confessando botte, abusi sessuali, soprusi economici o psicologici, umiliazioni e restrizioni della libertà personale. E alle altre, milioni in tutto il mondo, che i centri antiviolenza non li hanno. O che non trovano il coraggio di andarci. La violenza sullo donne è la violazione dei diritti umani più comune in Europa. Quella domestica è ritenuta dall’Oms la prima causa di morte per donne tra i 20 e i 45 anni.

Simona Scalzi e Francesca Scardi sono due psicologhe e psicoterapeute della cooperativa milanese Cerchi d’acqua, nata nel 2000 per aiutare le donne maltrattate. Quel che vedono di più, nel loro lavoro, è il lato oscuro della famiglia: «Abuso sessuale tra parenti o all’interno della coppia, maltrattamento fisico, psicologico, economico», spiegano. «Quasi mai il male viene da qualcuno che non si conosce. Quasi sempre le vittime sono italiane con mariti italiana, di tutte le età, occupate, spesso con professionalità medio-alta. Per lo più i loro uomini non sono né alcolisti né tossicodipendenti. Gli episodi non sono mai di un solo tipo, non sono mai unici, iniziano magari in sordina, poi aumentano e si intensificano. Le donne si trovano risucchiate. Il maltrattamento umilia, riduce la capacità di reazione, innalza la soglia di tolleranza. Ti annichilisce. Spesso, nella storia della famiglia di origine, ci sono situazioni dove le donne non hanno potuto costruirsi un’auto stima forte, dove si sono abituate a investire tutto nella relazione con un altro, a non esistere fuori dalla coppia. A livelli diversi, può succedere a tutte: tutte abbiamo accettato, almeno una volta, qualcosa che non volevamo. E’ importante saperlo, perché se ne può uscire. Si recuperano capacità, si riesce a interrompere una relazione, oppure a rifondarla. Si ricomincia a vivere».

di Monica Ceci

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